Sola andata

Sola andata

lunedì 16 marzo 2020

Come cambiano le cose sempre uguali?

- Sappi che non ti fa onore
- Cosa?
- Questo tuo silenzio prolungato proprio in un momento così straordinario, assurdo, fuori dalla possibilità di previsione di un uomo mediamente informato
- Cioè ritieni che il mondo stia aspettando una qualche mia dichiarazione in merito?
- Ma figurati...il mondo...non fa ridere neppure come battuta detta da una stordita...però qualche appunto, uno straccio di traccia di quello che sta accadendo, giusto per tenere aggiornata me, potevi metterli assieme. Dai, raccontami cosa ti succede e come hai stravolto le tue abitudini
- In realtà il punto è questo. In meno di un mese il mondo è cambiato semplicemente passando da una fase in cui si ragionava di muri da costruire, di distanze tra popoli, di liberismo sfrenato, di tagli a scapito dei servizi e dello stato sociale, della morte del sistema educativo...ad un mondo che all’improvviso  si misura proprio con le ricadute, più o meno dirette, di tutti questi fattori in campo
- Bah...non esagerare adesso. Io volevo sapere i fatti tuoi soltanto. Come trascorri questi giorni?
- Che ti devo dire, io sono il solito dato statistico poco significativo. Continuo ad andare in ufficio a piedi perché sono ancora fortemente condizionata dal monito del mio Garmin a camminare per dieci km a piedi. Lo faccio attraversando strade completamente desertiche. Faccio la spesa in orari in cui il resto del mondo è rivolto altrove, vedo film mentre pedalo, leggo libri dimenticati da troppo tempo, cucino cose improbabili illudendomi che le preferirò a quelle saporite...insomma vivo come ho sempre fatto ma con l’aggiunta della paura del contagio. E certi dettagli possono cambiare tutto pure se ti trovi a fare le stesse cose. Credimi.
- Credi di poter resistere così per altro tempo?
- Dici a fare quello che sempre ho fatto più la paura e l’isolamento? Non saprei. Forse posso accettarlo come parte di un destino necessario. Francamente soffrirei di più a dover gestire dei bambini tutto il tempo, ouna convivenza problematica. Sai quanto detesto i conflitti e temo che situazioni atipiche come questa possano alimentarne di molti.
- Magari invece è motivo di legami che si rafforzano
- Sì, in realtà un po’ di persone che non vedo da tempo mi mancano molto e non vedo l’ora di rivederle
- Quindi mi pare di capire che per te non è cambiato quasi nulla, che sei solo un po’ più isolata di prima - quando già potevi concorrere alle Olimpiadi sociopatiche - e che hai paura di ammalarti proprio perché non rimani tutto il tempo a casa ad aprire un frigo che non ti restituisce mai quello che vorresti
- Eh..sì...questo è...
- Ok...solo qualche consiglio di quelli che tanto detesti. Concentrati meglio sul poco che puoi fare, sii creativa, cucina qualcosa di elaborato e impegnativo. Non temere il vuoto.
Stavolta ti perdono. Ci saranno altre occasioni per rimproverarti del tedio che mi procuri così spesso.
- Grazie per la comprensione. Non ti deluderò stavolta


Che parole si usano per descrivere un tempo come questo? Sono giorni che ci penso e che mi confronto con la difficoltà di raccontare la banalità apparente di un quotidiano “contingentato” eletto a condotta collettiva. Nessuno poteva prevederlo. E quando è successo nessuno poteva rendersi conto della rapidità di propagazione di un fenomeno simile unita all’enorme difficoltà di contenerne l’ulteriore diffusione. È un vero trauma collettivo da cui verremo fuori senz’altro cambiati. Forse è per questo che faccio così fatica quando provo a prendere nota di quel dato, insignificante  rispetto alle statistiche generali, che sono i fatti miei

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