Sola andata

Sola andata

lunedì 23 luglio 2018

La regia degli affetti

Qualche volta c’azzecco proprio. È rarissimo ma quando capita mi pare un miracolo. Ricomincio la settimana lasciandomi alle spalle un magnifico week end pieno di cose molto diverse e tutte felicemente necessarie alla mia sempre precaria visione ottimistica delle cose. La cosa è tanto più strana se penso che tutta questa carica positiva è scaturita da un bel documentario su Ingmar Bergman, notoriamente non proprio un allegrone. Di lui ho sempre pensato che, oltre ad essere un genio inarrivabile, fosse uno di quei traditori seriali che non mi augurerei mai di incrociare nella mia, già di suo sfortunata, vita sentimentale e invece ho scoperto che il suo ultimo amore, quello della maturità, è stato per una donna con cui è rimasto felicemente fedele per venticinque anni, prima che una malattia portasse via quella adoratissima donna e dopo cure e presenza premurosa da parte lui. Gli ho voluto ancora più bene di prima. Il documentario  era notevole anche per molte altre ragioni, ma forse io sentivo soprattutto il bisogno di riabilitarlo su questo fronte. Immenso Bergman, anche per aver imparato ad amare come si deve, seppure soltanto in vecchiaia.

Ieri invece ho fatto una lunga escursione con alcune delle persone che più mi piacciono quando faccio sport di gruppo e, nonostante mi sia affaticata più di quanto pensassi, ho ancora negli occhi scenari incantevoli, risate collettive e conversazioni buffe. Tutte cose per cui poi mi pento della mia dominante attitudine alla solitudine. La verità è che le persone mi piacciono quasi sempre più di quanto io stessa sia pronta ad ammettere e garantisco che riconoscerlo non è così automatico. Forse la spiegazione è che , per dirla con lo stesso Bergman, “tutti i legami sono complicati” e credo che per legami lui intendesse il piccolo, o immenso, sacrificio che compie ciascuno di noi per aprirsi all’altro e accoglierlo in quanto tale. Ciò che non è legame non è complicato, ma ahimè, privo pure di bellezza e di senso.

Oggi mi è capitato di rileggere lo scambio di messaggi con una persona a cui voglio bene e al quale una volta ho detto “sei adorabilmente gentile”, col tempo non ha confermato l’impostazione di allora, ha spesso assunto comportamenti che mi hanno spiazzato e che non ho mai completamente compreso. Io l’ho assecondato, mi sono chiesta spesso cosa avessi detto o fatto perché ad un tratto non fosse più così sfizioso nei modi e, in generale, perché lo sentissi meno amico e meno presente. Non mi sono mai data una risposta e ho accettato la cosa per quella che era: nulla di particolare. “I legami sono complicati”, le cose semplici invece si perdono da sole sfumando in un tempo che ad un certo punto non ne definisce più la natura. Quando succede mi dispiace un po’. Poi però mi passa, come è giusto che sia, e mi ripeto che in fondo l’affetto altro non è che un atto unilaterale di durata variabile. Se non sei abbastanza fortunato, o bravo, da farlo diventare una cosa felicemente complicata. Bergman, che era Bergman, ci è riuscito soltanto da vecchio. Pensa tu quanto è difficile...

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