Sola andata

Sola andata

sabato 7 luglio 2018

Ricordami di me. Tu che lo fai a parole mie

No, non credo sia una forma di vanità. Anzi mi pare che sia addiritttura il contrario, date le motivazioni per cui ho cominciato a farlo. Da un po’ di tempo a questa parte, quando Facebook mi rimanda ai ricordi degli anni precedenti io non mi limito solo a scorrere tutte le foto e le scemenze che dicevo. Quando mi ripropone i post di questo blog io mi metto a rileggerli. Lo faccio solo da poco perché fino a qualche tempo fa ne avevo timore. Rileggere cose risalenti persino a tre anni fa mi spaventa non solo perché mi costringe a ricordare quello che provavo allora o peggio ad ammettere certe convinzioni poi rivelatesi sbagliate, a ricordare persone che mi hanno deluso e alla fatica di dover ritarare atteggiamenti per assecondare dinamiche diverse da quelle che avevo immaginato. Ricordare, rileggendo quello che mi appuntavo, mi porta a fare questo faticoso esercizio di autocritica, che - per quanto utile - mi fa abbastanza male. Eppure in questo periodo, in un eccesso di masochismo, sento necessario questo grezzo esercizio di scavo.

Mi è capitato di rileggere il post in cui dicevo (giustamente) male di un collega che da pochi giorni si è trasferito in un altro ufficio. Dovevo essere veramente arrabbiata, eppure non ricordo di essermi mai pentita di nessuna delle cattiverie che scrissi, neppure quando a riavvicinarmi fu lui, argomentando spiegazioni che apprezzai pur senza mai chiedergli scusa. Se perdo la stima, la perdo e ora che non è più nella stanza di fronte sono proprio tanto contenta. Questo giusto per allertare chi pensa che sia sempre una fanciulla tanto dolce...non sono vendicativa, ma non dimentico. E questo fatto è assodato.

E poi ci sono post in cui raccontavo cose per sottintenderne altre, magari perché emotivamente coinvolta su questioni che non riuscivo a mettere a fuoco. Rileggere quel genere di racconti quando ormai è tutto chiarito dal tempo mi strappa un sorriso perché è soltanto oggi che posso rendermi conto che all’epoca non c’era modo di capirci molto. Purtroppo per alcune cose vale solo aspettare che gli eventi si compiano in geometrie chiare, prima che possano essere comprese e risolte. Credo che siano gli appunti più utili perché rappresentano quella magnifica corazza chiamata esperienza. Il risultato sono delle risorse interne che all’epoca neppure sognavo.

Ho riletto pure quei post scritti mentre piangevo. Sono forse gli unici che ho trovato davvero sbagliati: sbagliate erano le ragioni e le persone per cui lo facevo. Sbagliato era il modo con cui mi sminuivo e mi tormenatavo. Corrette credo che invece siano le mie grasse risate di oggi al pensiero di quello che ero e che scrivevo con tanto pathos. In questo caso credo di aver imparato questo: troppo spesso confondo la simpatia, la stima, la fascinazione intellettuale...per l’incontro fatale e tutte le volte il predestinato di turno ne fa mero strumento di divertita manipolazione, dinamiche odiose, tattiche infantili...e io, tutte le volte, mi ritrovo a prenderne atto e ripetermi “eccone un altro”. Ma forse è stata tutta colpa mia...e non capisco mai che lezione trarne se non una spoetizzata perplessità.

Mah, chi lo sa se faccia davvero bene rileggere un diario in cui le cose da ricordare sono per lo più degli inviti a stare più attenta alle insidie del mondo e ai miei facili entusiasmi o, nel mio caso, ad usare meglio la punteggiatura e la consecutio e l’ortografia...
Alla fine quel che è stato è stato. E qualche è scritto è letto. Ora mi rimane continuare così. O magari impormi una ri_scrittura. Finalmente corretta in ogni sua parte

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