Sola andata

Sola andata

sabato 18 settembre 2021

A piedi nudi nel sabato

 Come mi piace il sabato mattina “fatto in casa”, quando finalmente decido di concedermi una colazione lunghissima e che comprenda tutto, ma proprio tutto, quello che il mio stomaco ha voglia di contenere. È stata una settimana estremamente faticosa e purtroppo la prossima promette un carico ulteriore che spero di riuscire a sostenere. E poi devo programmare anche il mio vaccino: lo hanno reso di fatto obbligatorio pure per me. Sapevo che sarebbe successo e per quanto ne sia contrariata, perlomeno posso andare di nuovo in giro e al cinema. Boh, a me continua a sembrare una ingiustizia assoluta…

Dovrei decidermi a buttare le mie amatissime sneakers. Tutte le scarpe che amo finiscono per rompersi sulla punta del piede destro, quasi a sottolineare uno sbilanciamento nell’andatura che mi porto dietro da tutta la vita. Sono certa che se portassi abitualmente i tacchi camminerei correttamente, avrei uno stacco di gamba più slanciato e seduttivo e non coprirei distanze così lunghe. Probabilmente sarei altro da ciò che sono ora perché ho sempre ritenuto essere vera la storia che  “ogni scarpa una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo” : la donna media colleziona scarpe, ne è appassionata e ne fa vessillo della propria femminilità. Non saprei dire se sia giusto o meno, so che quelle che portano scarpe troppo strane o con i tacchi troppo aggressivi poi sono proprio come io non vorrei essere mai. Forse è un caso. Ma io temo di no. Fatto sta che le mie sneakers hanno camminato troppo e io non ho una collezione di scarpe. Potrei decidermi a cambiare passo, oppure a confermare la mia solita concezione del mondo con un paio nuovo ma uguale a quello di sempre. Chissà.

È quasi ora di pranzo, è una bella giornata e io conto di uscire tra un’ora. Ho finito la frutta e ho smesso di immaginare di cucinare per qualcuno. Come se fosse stato normale averlo fatto fino ad ora. Stamattina ho preparato ogni cosa pensando soltanto a me stessa e per farlo ho preso i piatti migliori, una tazza mai usata, dei tovaglioli colorati che avevo comprato soltanto per gli ospiti. Poi ho messo tutto sul tavolo-vassoio e ho consumato il mio pasto ricchissimo sul divano. Mi sono sentita una principessa: avevo tutto a disposizione. Persino un silenzio irreale e assolutamente inusuale in questa casa. È stata una mattina bellissima. Poi ho visto “Luca” e mi è piaciuto moltissimo. Arrivavo tardi anche per Nomadland che, al contrario di The rider che trovai pazzesco e struggente, mi è sembrato un film a malapena discreto ed enormemente sovrastimato.

Silenzio, buon cibo, ordine interiore…in fondo è una normale giornata non lavorativa nella quale mi concedo il lusso di non rispettare una rigida scaletta. Eppure mi pare lo stesso tutto così nuovo. Forse la ragione risiede tutta nel fatto che, finalmente, sono ormai tutti dimenticati: i volti che mi hanno ferito (persino preso a schiaffi che qua non ci siamo fatti mancare niente), quelli soltanto desiderati, quelli persino immaginati e mai davvero esistiti. Non penso più a nessuno. Vivo di non appartenenza, di distanze che si dilatano al punto da rendere tutto sfocato e ormai dissolto. Vivo delle infinite possibilità da ricreare al netto di tutte quello che è ormai in scadenza definitiva. Che peccato. Eppure che opportunità. Ho voglia di camminare. Ancora. E ancora di più. 

Vado a comprare le scarpe. Niente tacchi neppure stavolta.


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