Sola andata

Sola andata

giovedì 16 aprile 2020

Quella parete troppo sottile

Ormai le tengo per quasi tutto il giorno. Le mie cuffie bluetooth, ultimo regalo di Natale del mio ex collega che ha fatto in tempo ad andare in pensione prima che il mondo piombasse in questo isolamento un po’ demenziale, sono ormai una protesi quasi fissa. Durante questo mese di vita, quasi totalmente claustrale, per godere in pieno della pace che da sempre associo allo stare dentro casa a pensare ai fatti miei ho dovuto imparare gli orari dei miei terrificanti vicini di casa, quelli che non conosco ma che forse neppure si rendono conto del rumore che fanno tra, litigi furibondi, musica a volume massimo e oltre, conversazioni notturne vita skype con un tono di voce cosi alto che forse dal Sud America sentirebbero anche senza telefono...io associo la civiltà esclusivamente alla sensibilità verso il prossimo e, per la mia esperienza, il posto in cui vivo non costituisce per niente un bell’esempio. Ma non importa, ho deciso di considerare questa condizione un po’ faticosa adattandomici e provando a razionalizzare, comprendere, esercitare la pazienza e la calma. E sospirando.
Una delle soluzioni sono state appunto le cuffie grazie alle quali riesco ad alterare il mesto contesto in cui mi trovo a vivere in certe ore del giorno ascoltando bella musica, film che ho felicemente riscoperto e seguendo gli amati corsi on line. Ho preso anche dei tappi per le orecchie per non svegliarmi di soprassalto durante la notte. Insomma ancora resisto, sebbene il dubbio che troppo spesso l’umanità mi appaia detestabile e noiosa finisca col prevalere sul contrario. Ma forse è solo perché in fondo ne faccio parte anche io e poi non ho voglia, ora, di avvitarmi nei miei paradossi insolubili in un momento in cui faccio i conti con limiti di scelta particolarmente stringenti.

Malgrado tutto, stare a casa mi piace ancora. Continuo a vivere il conflitto di un periodo oggettivamente terrificante con la piccineria della mia serenità ombelicale, quella fatta di cose che finalmente riesco a portare a termine come voglio io, rispettando tempi e ritmi totalmente miei, di lontananza dalle persone che non mi piacciono (che tanto quelle che mi piacciono le trovo qua sopra e va bene lo stesso), da un lavoro che per fortuna mi serve soltanto per vivere e giammai per sviluppare in qualche modo una passione. Il mondo fuori mi ha sempre spaventato è inutile che la metto in qualche altra maniera. I solitari come me una vita così l’hanno sempre sognata. Sono quelli che si accontentano di osservare lo spettacolo, o la tragedia, della vita leggendo libri o intossicandosi di film dalla mattina alla sera, quelli che non hanno bisogno di parlare tanto e che hanno così paura di essere traditi che preferiscono evitare di volere troppo bene pur di non rischiare mai più l’esperienza. Sono quelli che non metabolizzano mai bene un’offesa e neppure l’indifferenza. Sono quelli che hanno imparato a trovare comodo, o inevitabile, abituarsi a rinunciare.

Quando provo ad immaginare cosa mi accadrà davvero quando tutto questo sarà finito, ammettendo che sarò tra le fortunatissime persone ancora in buona salute e con il proprio lavoro, mi pare ad un tratto tutto così estraneo.
Ritornare a percorrere tutti i santissimi giorni via Mecenate, timbrare il cartellino, ritrovare la mia scrivania, gli odori tipici dell’ufficio, tutte le persone, la biblioteca, la spesa alla Coop, Porta Venezia e gli altri luoghi di una città in cui ho trovato normale vivere...non me la immagino proprio la vita di prima ripresa come se nulla fosse stato nel frattempo.

A quest’ora c’è ancora un bel silenzio. Tra le cose che ho imparato c’è che il vicino terrificante del Sud America non si sveglia prima dell’una e così associo questo momento della giornata a quello della meditazione e delle riflessioni. Le stesse che mi portano a dire che tutta la mia vita precedente in fondo non ha fatto che oscillare tra falsi obiettivi e autentica inclinazione ad osservare il mondo, piuttosto che percorrerlo davvero.
Il frigo è quasi vuoto, non faccio la spesa da due settimane, in questo momento il silenzio è rotto solo dal suono dell’ambulanza.
Quasi quasi è meglio quando il sud americano sta sveglio...

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