Sola andata

Sola andata

venerdì 3 aprile 2020

La prima cosa che farò non è la prima. In compenso è l’unica

Mi viene ancora naturale rispettare gli orari: svegliarmi presto e scansionare il mio tempo come per seguire una ideale tabella di marcia. Credo che sia molto importante. Continuo a non annoiarmi e a trovare questa assurda condizione anche come un’occasione per soffermarmi su questioni che di solito tendo a rimuovere grazie a pretesti più o meno validi. A parte questo, ritrovo purtroppo conferma di un certo pessimismo che da sempre mi accompagna visto che non mi basta pensare a quanto io sia una persona fortunata, con i miei pochissimi meriti e la relativa facilità con cui, fino ad ora, mi è stato concesso di stare al mondo.

Vivo la mia casa notando con stupore alcune sconosciute variazioni di luce durante il giorno, leggendo, ascoltando musica, scovando nei cassetti, rivedendo film che si rivelano essere un’autentica riscoperta. E poi cucino cose pescate da un sito per salutisti secondo il quale se non hai la farina d’avena non sei nessuno, ma le ricette sono divertenti e molto gustose. Cambiare alimentazione, continuare a muovermi è necesssrio non tanto per stare in forma, ma per sviluppare degli ormoni fondamentali per il buonumore e per ossigenare il cervello.
Insomma, la verità è che non faccio nulla per il prossimo, riesco ancora a divertirmi con attività ricreative semplici ma efficaci, non ho nostalgie che mi annientano e non passo tutto il tempo a chiedermi quale sarà, parrucchiere a parte, la prima cosa che farò quando tutto questo sarà finito. Ecco, se c’è una cosa che ho davvero imparato da tutta questa esperienza è proprio la mia inattitudine a connettermi profondamente con il battito del mondo. Temo che questa esperienza mi punti l’indice per inchiodarmi al fatto, per me profondamente sgradevole, che non smetterò mai di considerare la vita del singolo come l’unico vero atto politico possibile, pure quando mi sento in colpa per questo e se sento che in fondo è un principio che non sta in piedi neppure su un piano strettamente logico, oltre che etico. Alla fine ho il timore tutt’altro che infondato che la quarantena faccia male pure a chi se la vive con serenità ma vorrebbe coltivare una sensibilità un po’ diversa..

Ieri ho fatto la spesa e c’erano tante persone che lo facevano in coppia. L’Europa mostra la sua “evanescenza” come progetto non meramente economico. I miei vicini di casa urlano sempre e alla radio sorrido a testimonianze di convivenza che rivelano legami inesistenti o, peggio, tossici. Come si fa a pensare che vivere da soli non sia la cosa più bella del mondo?

Invece la qualità dei miei sogni non cambia mai. Le poche cose che desidero davvero sono rimaste intatte, sempre uguali a se stesse, per nulla rimpiazzate da questo cambiamento drastico del mio quotidiano e di certo pure della storia a venire,  ma ai miei occhi ancora “transeunte” rispetto alla fissità di un sentiero che sento come profondamente mio.
Ecco. Ora ho capito. La quarantena mi serve solo a questa cosa qui. A stabilire il confine netto tra ciò che sento da sempre come imprescindibile e l’adattamento un po’ approssimativo ad un mondo in cui mi lascio contenere senza troppa convinzione. 


1 commento:

  1. Il "transeunte" mi ha messo soggezione.
    Avvisami quando prenoterai il parrucchiere: potremmo incontrarci in quell'occasione :-)

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