Sola andata

Sola andata

domenica 12 aprile 2020

Pasqua come puoi

Sono anni e anni che per me le feste comandate sono fatte così. C’è un patto con i miei nel quale si stabilisce  che Natale e Pasqua sono momenti in cui io non mi sposto da dove sono per poi prendere le ferie quando tutti rientrano e tornare giù. Il fatto di non essere credente da tanto tempo aiuta, pure se di fatto soprattutto certe ritualità gastronomiche mi sono sempre parse un importanteelemento da preservare, se non altro perché mi conviene. La mia Pasqua sarebbe stata all’incirca quella isolata che mi accingo a fare anche in condizioni normali.
In passato ce ne sono state alcune che ho trascorso compitamente sola, di solito inaugurandole con una bella corsa, un pranzo molto studiato, l’immancabile pastiera e l’inevitabile uovo “solidal” della Coop. Ma ne ricordo una che invece ho trascorso in compagnia di una persona a cui ho voluto tanto bene e di una passeggiata in mezzo al tantissimo verde che questo lato della periferia milanese custodisce. Per me le feste sono solo questo: pace solitaria o stessa pace ma condivisa con persone precise.

Dunque nessun cambiamento traumatico per la giornata di oggi, anche se il senso e la modalità con cui vivrò l’isolamento hanno stavolta una scaturigine non del tutto dettata da intenzioni personali. Intanto un cambiamento drastico già c’è. È la prima volta che manca la pastiera: quella che preparavo aveva destinazioni d’uso anche per l’ufficio o per amici che avrei visto a pasquetta o immediatamente dopo. Stavolta ho preparato solo una cheesecake molto leggera e fresca che non mi ha impegnato molto e che mi pare più che sufficiente per onorare questa domenica di riflessione lieve E poi non ho neppure l’uovo. Ho scordato di comprarlo e la sola cioccolata che ho in casa sono delle praline che ho portato dall’Islanda. La cioccolata rimane cioccolata e le sorprese sono davvero tali quando non te le aspetti, non se sai dove trovarle. Insomma, continuo a vivere questa condizione così profondamente atipica con una serenità che, paradossalmente, mi spaventa un po’,  perché mi fa pensare di essere una persona orribile che riesce bastare a se stessa e che trova sufficiente il semplice pensare con affetto alle persone o raccattarle sui social per dire loro che le si vuol bene. Ma questo è.
Il problema più serio che ho avuto fino ad ora  è il vocione notturno di quel buontempone del mio vicino sudamericano che mi fa svegliare tutta spaventata: ho messo dei tappi per le orecchie, mentre rifletto mesta sul fatto che la sola presenza umana che percepisco fisicamente è una presenza fastidiosa. Curioso davvero.

Che poi mi chiedo cosa ci sia davvero da festeggiare. Pure per un credente. Qui in Lombardia le cose vanno parecchio male. E questo proprio mentre io mi alzo la mattina, ancora in salute, con la dispensa ancora piena di caffè e di miele, con Internet, la musica, i libri, i film e la cyclette. E proprio mentre sono felice di non subire la mancanza di nessun amore lontano, o di bambini che non vanno a scuola e che si fa fatica a gestire e far crescere come si deve, o di un affitto che non si riesce a pagare. E mentre i miei giù in Campania se la cavano per fortuna anche senza di me.
Tutto questo proprio quando penso che la capacità di adattarsi a tutto sia una gran fortuna, ma in fondo pure un gran bel guaio.
Sono già le dieci del mattino di una Pasqua così uguale e così diversa da quelle che mi ero scelta. Credo che trascorrerò quel che ne resta ad immaginare la sorpresa che mi sono persa per il mio uovo mancato. E poi a chiedermi se, per una volta, sarei riuscita a non rimanerne delusa.
Buona pasqua

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