Sola andata

Sola andata

martedì 26 maggio 2020

Centro di levità

Certe volte mi chiedo come sarebbe stato. Forse ultimamente Lo faccio un po’ più spesso, dato il tempo infinito che ho avuto per mettermi a contare i passi già fatti. Vivo qui da circa undici anni e comunque sono via da casa, con brevi interruzioni, da quando ne avevo 24. Prima di allora avevo avuto un fidanzato che mi piaceva molto e che però non ho mai amato neppure per un nanosecondo. Fu una liberazione riuscire a sganciarmi da lui e da allora compresi quanto non basti non volersi bene per riuscire a lasciarsi andare in tutta semplicità. Ora come allora sono sicura che un giorno incontrerò chi cerco davvero. Non pretendo che accada sul serio, mi basta sapere che vivo di questa assurda e assiomatica certezza. Io non credo sia una cosa efficace cambiare assieme a chi si ama, sono convinta che si arrivi a stare bene assieme quando si è compiuto un percorso di evoluzione prima da soli e quando si è  già diventati ciò che dobbiamo essere. Perlomeno questo credo che valga per me. Non in assoluto.

Eppure qualche volta mi chiedo come sarei cresciuta e cambiata se avessi incontrato da giovanissima la persona della mia vita. Chi lo sa.
Nel mio piccolo sondaggio personale c’è un fatto molto curioso: non esiste tra le persone cinefile che conosco una sola che non abbia un proprio personalissimo vissuto associato al film di Truffaut “La signora della porta accanto”. Giuro che ogni volta che ne parlo alla fine c’è quel film lì a fare da fattore “pivot” di una storia sentimentale. E per me questo significa moltissimo.

Questi giorni mi hanno suggerito un’infinità di cose e riportato a galla un mucchio di ricordi anche parecchio sgradevoli. Non ricordo più quando è stata l’ultima volta che ho pianto, quando ho dato per l’ultima volta un bacio appassionato. Non ricordo quando ho cucinato per qualcuno il suo piatto preferito o pianificato un viaggio. Eppure non è passato tanto tempo. Non si tratta di mancanza di una persona precisa, visto che quelle che conosco so già che non sono qui per me. È piuttosto l’assenza di uno stato d8animo ben preciso che a volte si fa pesante. E qualche volta vorrei tanto  che esistesse una qualche garanzia di valorizzazione dell’attesa.

Ho appena sfornato una focaccia con i pomodorini che rasenta la perfezione: assieme alla cottura ideale dell’uovo alla coque è una delle attività in cui ho profuso il mio impegno maggiore in questi giorni domestici e il risultato mi soddisfa davvero tanto. Per fare bene le cose, spesso, ci vuole tempo. Altrimenti si fanno solo delle cose.

C’è un mio amico molto simpatico che una volta mi ha detto che quando si fidanza lo sa già che, per quanto possa dirsi innamorato perso in quel momento, dopo un anno esatto perderà ogni interesse per la sua compagna. Lo sa. Dice che forse è un fatto fisiologico. E chi sono io per contraddirlo e impedirgli di continuare a trovare interessanti molte donne, piuttosto che una soltanto?

Ma che ne so. A me è successo di voler scegliere di aspettare, di sentirmi troppo spesso delusa e stanca, di sognare per conto mio, di immaginare cosa vorrei veramente e di non trovare affatto interessante le storie che, dopo un tempo più o meno definito, si dissolvono nell’abitudine e nell’indifferenza.

Ora esco e vado a fare una specie di massaggio ayurvedico o qualcosa del genere. Pare che abbia effetti fortemente distensivi e sul buon umore. In realtà io non sono tesa e neppure di cattivo umore. Eppure l’idea di passare un’ora a fare una cosa bella pure se non ne ho nessun bisogno, mi procura un piacere che non avevo messo in conto. Chissà, forse invece ne ho davvero un gran bisogno e non me ne sono ancora resa conto.

Tutti a cercare il loro centro di gravità permanente. E io qui alle prese con quello di levità almeno contingente...E se davvero poi mi bastasse?

2 commenti:

  1. beh, diciamo che passati i 30, poi e' difficile se non ci si era pianificato un piano B in cui da una stretta analisi personale ci si impegnava profondamente per raggiungere l'obiettivo prefissato.
    in genere da ragazzi si e' attratti da esseri totalmente diversi da noi, ci incuriosiscono, ci appaiono marziani, poi dopo i 30 e' meglio considerare gente piu' simile A NOI, purche' non sia nei difetti, altrimenti ci troveremmo a dover raccogliere scarpe e biancheria sparse per tutta casa ed ad instaurare turnazioni. piu' in la' poi si stabiliscono dei fondamentali e ci si accontenta

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  2. Ora ho capito: non trovi l'anima gemella per il timore che di fronte alla focaccia coi pomodorini "lui" storca il naso, assuma quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così che hanno loro che sono nati a Genova (sulle focacce si credono i primi, in assoluto) e ti faccia vacillare le tue certezze culinarie. ;-)

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