Sola andata

Sola andata

giovedì 2 agosto 2018

Quando ero “Semi_Seri” e coltivavo dubbi

Da domani comincio a prepararla. È da un po’ di anni che adotto questo metodo e devo dire che mi ha sempre premiato. Non avverto la fatica dell’ultimo momento e neppure l’obbligo di una pianificazione troppo accurata grazie alla predisposizione di una lista. Io la valigia ormai la faccio così: la tengo aperta per circa dieci giorni e parto daLle cose strettamente necessrie per arrivare a gradi successivi di utilità. Dopo tre giorni, se non è diventata troppo pesante ci metto dentro tutto quello che non intendo riportare al mio ritorno tra regali, vestiti che non metto più ma che non riesco a buttare, libri letti, dvd, soprammobili che ormai non rappresentano più il mio spazio, cibo locale...
La prossima settimana tornerò per pochissimi giorni a casa: il mio papà mi ha preso i biglietti tre mesi fa ritenendo la mia presenza nella settimana di ferragosto un fatto necessario. Obbedisco.

Stasera avevo intenzione di rivedere un film che apprezzai molto al cinema assieme ad un amico che non frequento più da tanto tempo per ragioni che mi ha spiegato dopo e delle quali ho rispetto. Si trattava di “Dio esiste e vive a Bruxelles”, ma purtroppo c’e lo speciale camera e sono troppo delusa per assecondare un cambio così al ribasso.

In questi due giorni di caldo eccessivo, pressione così bassa da provocarmi problemi quando mi alzo, nottate sul pavimento per cercare refrigerio, mentre previsualizzavo il contenuto della mia valigia mi è tornato in mente l’ultimissimo post del mio primo blog, quello chiuso il giorno prima che partissi per emigrare in Lombardia. Era il 2009 e il blog si chiamava “Semi_Seri”, sottotitolo “alla ricerca di un terreno fertile su cui germogliare”. L’ultimo post si intitolava “bagagli e fardelli” che poi è un giochino di parole che riprendo ogni tanto perché mi sembra molto esplicativo di un’idea precisa di cosa sia per me davvero necessario e cosa invece una inutile zavorra fatta spesso di ciarpame di eccessivo ingombro. Mi ricordo che ero spaventata ma felice, che quelli che mi seguivano all’epoca furono adorabili e pieni di parole di incoraggiamento ma anche di tristezza per un’esperienza di condivisione che si concludeva. E poi mi ricordo di un commento che diceva “mi raccomando ricordati la maglietta della salute che al nord fa freddo”. Era un blogger di Padova che avevo anche conosciuto al primo blog fest della storia d’Italia che si tenne a Riva del Garda. Che tempi! Chissà cosa ne è stato di quelle migliaia di pionieri del popolo 2.0 che affollavano le strade e gli stand di quella gigantesca manifestazione. Io ci andai partendo con un blogger del mio paese con cui interagivo da mesi ma che conobbi solo quando partimmo per quel lungo viaggio. Fu lì che conobbi Matteo Bordone, uno dei miei idoli radiofonici assoluti e grazie al quale il sabato e la domenica pomeriggio sono il mio tempo non negoziabile per nulla al mondo ancora oggi.

Dall’avvento del dominio di fb quel genere di composizione della rete si è via via disgregato fin quasi ad annullarsi o riconvertirsi in qualcosa d’altro. Anche questo blog è tutt’altro da quel primo concepimento di scrittura condivisa. Credo di non aver mai fatto davvero pace con questa cosa. Quello era un salotto di discussione, una cassa di risonanza, una rete di idee spesso condivise, altre volte no, ma c’era modo di capirsi ed argomentare. Mi ricordo che c’era uno sforzo di documentazione e di elaborazione del pensiero che ormai stento a ritrovare, anche nei miei timidi tentativi attuali. All’epoca avevo dieci anni di meno, non lavoravo e avevo tanta paura del mio presente di allora e di tutto il futuro possibile, venivo fuori da una storia sbagliata e quando non scrivevo...piangevo.
Oggi no. Tutta quella paura di partire e salire qui me la sono fatta passare, ho imparato a viaggiare sempre più leggera e se scrivo lo faccio immaginando di non rivolgermi a nessuno, ma lasciando la porta aperta. E poi ormai non piango quasi più, qualsiasi cosa questo voglia dire. Ma devo confessare una cosa. Non ho mai portato con me la maglia della salute. Secondo me non mi sarebbe servita, ma ormai che importa...



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