Sola andata

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martedì 10 novembre 2015

Libertà di scelta altrui

Il bello di certe ricerche che trovano divulgazione in ambiti, specializzati in dibattiti sterili, sta nel suscitare meccanismi di facile adattamento alla propria esperienza. Provo a dirla meglio. È uscita questa cosa che i genitori non devono forzare i figli nella scelta degli studi e in generale nella costruzione del loro futuro. In linea di principio è un risultato piuttosto scontato e per nulla controintuitivo. Una tipica scoperta dell'ombrello. Poi però di fatto esce che il 48 %  degli studenti universitari stanno seguendo corsi di laurea decisi dai genitori. In realtà non saprei quanto ci sia davvero da rammaricarsi di un dato simile...visto che la probabilità di rimanere disoccupati rimane alta in ogni caso. Però vuoi mettere un disoccupato che ha seguito la propria strada rispetto a uno che non l'ha seguita? Sulla strada ci sono finiti entrambi eppure pare che ci siano delle differenze sostanziali( trova le differenze allora).

Io sono stata un po' condizionata, ma non esattamente forzata. Volevo fare scienze della comunicazione e mio padre disse no. Allora ho fatto economia. Io la battezzai "democrazia, ma in-parte-ci-pativa". L'inizio fu davvero drammatico e uno dei primi esami non so quante volte l'ho ripetuto, ma poi quel fantastico prof. ( che mai persi di vista fino alla laurea e poi al dottorato) mi fece capire come si affrontavano certi argomenti, mi diede trenta e lode e cominciai a muovere i primi passo su quella strada non propriamente mia ma che provai a percorrere come meglio potevo.

Imparai a premiarmi per ogni esame andato bene. Mi ricordo che al mio sesto esame, microeconomia, il più difficile di tutto il percorso, mi ripromisi che se avessi avuto trenta mi sarei fatta accompagnare al congresso di rifondazione a sentire Bertinotti a piazza del popolo. Arrivò il sudatissimo trenta E mio padre, che ha sempre votato a destra, mi ci accompagnò. Sono cose.
 Un'altra volta mi capitò di preparare un esame con un collega. Studiammo fino a tardi, ma la nostra preparazione era obiettivamente vacillante. Ad un certo punto lui mi fa: "no, Lucia. Siamo troppo impreparati, io domani l'esame non lo sostengo". E io :" È vero, non sappiamo quasi niente. Ma io mi presento lo stesso. Me la tento". A quell'esame non solo ebbi trenta e lode, ma addirittura quel potentissimo prof. che all'epoca era il preside (e poi è diventato pure rettore) mi chiese se avessi già scelto il relatore con cui fare la tesi, altrimenti avrebbe avuto piacere di avermi come sua tesista. Ancora oggi stento a credere che sia accaduto, ma giuro che è andata esattamente così. Potrei continuare all'infinito con questa aneddotica studentesca che solo adesso trovo così dolce nel ricordo ( ma che all'epoca mi ha procurato non pochi esaurimenti), come credo che potrebbe chiunque abbia vissuto gli anni della formazione con pathos e partecipazione. Alla fine non è stata così tragica. È passata come passa tutto, ha inciso moltissimo sul mio carattere, la mia visione del mondo, il mio approccio alla risoluzione dei problemi. Si, economia non faceva per me, ma alla fine mi ha dato molto ugualmente.

Probabilmente quella ricerca sulla libera scelta del percorso di formazione apre un vaso di Pandora sull'importanza di ciascuno di provare ad azzeccare da solo la strada per diventare quello per cui esattamente si è nati per essere. E banalmente è ragionevole pretendere che nessuno possa decidere per noi. Però quando questo per prepotenza, disattenzione o fatalità non accade io sono sicura rimanga sempre intatta la possibilità di scoprire se stessi pure nel posto più sbagliato o nei modi più bislacchi.
A proposito. Il babbo al congresso di rifondazione si divertì più di me. ( cvd)

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