Sola andata

Sola andata

mercoledì 4 novembre 2015

Stammi vicino (di casa)


La piccola casa in cui abito sta al piano rialzato e all'interno di un cortile di un condominio a due piani. Il quartiere, per quanto popolare, conserva una certa grazia e una sua identità per nulla scontata in un'area periferica di una città come questa. E poi proprio qua, di fronte a me, ci sta il Monzino, considerato uno dei maggiori ospedali di cardiologia di tutta Europa. Un centro di eccellenza che ha contribuito di molto a riqualificare un quartiere problematico come questo. Io qua ci sto proprio bene, baratterei questa zona solo con Brera o con la zona di via Tortona (ma cosa ti dico mai? Dove altro si potrebbe desiderare di vivere qui a Milano?).

Accanto al mio appartamento ci sta una casa identica alla mia e che è disabitata già da prima che io arrivassi qui. È stata espropriata e l'anno scorso è stata messa all'asta. Nessuno si è presentato per l'acquisto e così la prossima vendita che si terrà sarà con proposta in busta chiusa. Tutti mi hanno detto di comprarla, che ormai potrei averla ad un prezzo minimo, che ne verrebbe una bella casa di dimensione finalmente normale. Per un periodo ci ho seriamente pensato e l'idea mi stuzzicava molto, ma poi non facevo altro che chiedermi cosa ne avrei fatto di quello spazio in più. Niente, giusto una sala per gli attrezzi per allenarmi, ma alla fine mi arrangio anche ora spostando un po' il tavolo. Però forse la ragione vera per cui non voglio comprarla è un'altra. E io lo so che è quella e solo quella che mi fa deviare da ogni altra ragionevole ipotesi.

Una volta mi capitò di leggere delle cose sulla biografia di Frida Kahlo che riguardavano il suo tormentatissimo rapporto con Diego Rivera, il pittore che ha sposato per ben due volte, quello che le ha fatto tutte le corna possibili, che l'ha umiliata in tutte le maniere immaginabili, ma che alla fine non è mai stato capace di lasciarla perdere neppure nei momenti più terribili della sua malattia. Gli ultimi anni che i due passarono assieme furono in due case confinanti ma unite da un piccolo ponte.
Lei raccontava che la convivenza era divenuta ormai impossibile, ma stare lontani lo era altrettanto.
Quella fu la soluzione definitiva al dilemma. Mi ricordo che trovai geniale questo artificio di "indissolubile-legame-sciolto" e pensai che probabilmente il segreto della perfetta vita di coppia sta tutto in questa cosa qui. Stare vicinissimi ma non sotto lo stesso tetto.

E così, tutte le volte che mi affaccio dalla mia finestra e che mi ritrovo davanti quelle tapparelle chiuse ormai da troppo tempo, penso a quanto sarebbe fantastico se ci fosse - non dico un ponte di raccordo (a meno di una ressa condominiale)- ma almeno un filo, del tipo di quelli per stendere il bucato. Mi immagino il mio Diego Rivera (ma auspicabilmente qualcuno un po' più gentile...che ne abbiamo fin su i capelli dei Rivera...)  che mi augura il buon giorno proprio da quella finestra, o che mi chiama per fare colazione assieme, per uscire assieme, e infine per darci appuntamento su come condividere la vita senza farsi "ingorgo"negli spazi reciproci. Io così me lo immagino il mio vicino. Di casa. E poi di tutto il resto.

3 commenti:

  1. la felicità è due monolocali sullo stesso pianerottolo....ebbe a dire una mia amica :) poi lo spazio è sempre piacevole e non è mai abbastanza . Non fare come il prof che aveva la caffettiera da una tazza ...ricordi Troisi ? La casa vicina è un segno di ottimismo verso il futuro ;) DEVI COMPRARLA :)

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  2. male che vada l'affitti, al dirimpettaio monzino trovi sempre chi ha bisogno di una casa là

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  3. Io ho una caffettiera da sei :)...dai aspetto un altro po' un potenziale "vicino" e poi mi rassegno....

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