Sola andata

Sola andata

venerdì 26 febbraio 2016

fine del lieto fine. Una favola anomala

Sofisticato e amarissimo. Il film in stop motion che ho visto oggi, assieme al mio compagno di visioni Nicola, si intitola "anomalisa". Mi ha accompagnato all'uscita dal cinema lasciandomi con questi due aggettivi nella testa. Ma poi pure dopo, quando ho salutato Nicola e me ne sono andata alla decathlon a comprare una giacca anti pioggia per  runners, ho continuato a pensare a quello strano film che mi ha aperto un mondo su certi corto-circuiti emotivi di cui io stessa sono la preda più banale del mondo. E pure adesso che non riesco a smettere di pensarci, mi chiedo come sia possibile che le cose possano stare davvero così. O perlomeno anche così...

La storia in pochissime parole è questa. C'è un signore americano, sulla cinquantina, che ha raggiunto fama e successo scrivendo libri sulla soddisfazione del cliente. La sua esistenza è suo malgrado totalmente egoriferita: tutti i personaggi che incontra, tutti i suoi affetti presenti e passati hanno il suo volto e gli parlano con la sua stessa voce (fa davvero molta impressione questa trovata narrativa). Il suo narcisismo è la sua condanna perché tutto lo annoia, sopratutto ciò che gli riesce meglio e a cui deve il proprio successo. Non prova un vero interesse, piacere, gioia per nulla. Tutto ciò che gli assomiglia lo disgusta, come tipicamente fa chi non ama se stesso e in tutto quel mondo non ritrova altro che la detestata proiezione di se'. E fino a qui ci arrivo. La società americana produce anche di questi nuovi "mostri" contemporanei, che dopo una vita di competizione estrema diventano dei nichilisti depressi totalmente allo sbando. Fino a qui mi era chiaro. Basta pure un qualunque quadro di Hopper per rendersi conto di come l'America cominci ad avere a cuore il tema e di quanto sia brava a trattarlo.

La cosa che invece mi ha sconvolto, o meglio fornito spunti autobiografici inquietanti, è un'altra. Ad un certo punto questo stesso signore americano tenta il rimedio alla sua stasi emotiva con dei tentativi disperati. Si mette alla ricerca di una donna amata dieci anni prima e abbandonata di punto in bianco. Per tutti quegli anni ha creduto che fosse il grande amore da ritrovare. Poi si rivedono ed entrambi scoprono che non era così. Che quel tormento romantico lungo dieci anni era solo un gigantesco equivoco, immediatamente ridimensionato e banalizzato dopo pochi minuti dall'incontro tanto sognato. Si salutano e ognuno per se'. Dieci anni di inutili struggimenti.

Lui non si rassegna nella sua ricerca di senso. All'improvviso arriva Lisa: l'anomalia. Una donna non bella ma che ha ancora la sua voce. Una voce di donna fragile e dolcissima. Lui è incantato, innamorato perso, la serata ha tutta la magia dell'incontro perfetto. Fanno l'amore provando tutto quello che è necessario per capire che la ricerca è finalmente conclusa. Ed è a questo punto che io mi aspetto che la storia finalmente dia la morale che tutti auspichiamo. Lui ha trovato in quella donna non omologata al suo ego la scintilla che cercava per l'incontro definitivo, quello che restituisce senso a tutto.
E invece no. Il giorno dopo lui non la vede più con quegli occhi, sente che anche la sua voce si sta omologando a quella di lui. gli dà persino fastidio il modo in cui mangia. L'incantesimo si è già rotto. Lui torna alla sua triste vita omologata, lasciando l'anomalia-anomalisa di nuovo sola.

Questa è la storia. La storia di un anaffettivo alla ricerca disperata dell'amore definitivo che non troverà mai, se non per brevi istanti reali o lunghi anni immaginati. Tutto il resto sarà noia.
E io non riesco a rassegnarmi all'idea che non riuscirò mai a dargli torto


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