Sola andata

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martedì 16 febbraio 2016

Imperfetti e pure sconosciuti

Nella bella commedia di Genovesi "perfetti sconosciuti" si parla della "terza vita" di ciascuno di noi (dopo quella pubblica e quella privata) che è la vita segreta: quell'universo esistenziale interamente custodito nel telefonino e che non può che appartenere solo a chi in questo universo ha diritto di interagire.
Alla fine del film quando mi sono alzata dal mio posto al cinema, ho visto una coppia rimasta seduta nel silenzio più totale, immobile, direi atterrita. Forse è stata solo una mia impressione dovuta al mio essere tanto colpita da quel film così lucido e impietoso, ma non avrei voluto lo stesso essere al posto di quei due...

Io potrei impazzire. Lo so perché mi pulsano le tempie per molto meno quando penso che la persona a cui tengo guarda il telefono mentre sta con me. Mi sento svenire, è una faccenda che prescinde dalla gelosia, è proprio un fatto fisico che faccio una fatica incredibile a ridimensionare.

Dice Moretti che "la felicità è una cosa seria, se c'è deve essere assoluta" e quando Bianca gli chiede cosa significhi quello che ha detto, lui le risponde "vuol dire senza ombre". Nel film nessuno vuole mettere in piazza la vita segreta del proprio telefono, perché quel la terza vita avrebbe effetti deflagranti sulla prima e sulla seconda. È determinante.
Il regista ha raccontato che l'idea del film gli è venuta da un episodio della sua vita. Un suo amico aveva avuto un incidente in moto piuttosto grave e sua moglie aveva preso le sue cose. Tra cui il suo telefonino. In quel giorno, con quel telefonino tra le mani, venne a conoscenza di un intero mondo vissuto da suo marito di cui lei, e nessuno dei suoi amici, aveva mai avuto il minimo sospetto. Ora quei due non stanno più assieme.

Io non lo so come funzionano davvero i rapporti riusciti. Non lo so se per tutelare un rapporto a cui non si vuole rinunciare, possa avere senso crearsi un mondo parallelo di cui non far trapelare assolutamente nulla. Oppure se questo castello di bugie rende tutto falso, sbagliato, privo di senso. E soprattutto estremamente rischioso. Chi lo sa se risparmiare la sofferenza della verità possa costituire un valido metodo di realizzazione di felicità edulcorata...che in fondo è pur sempre felicità.

Io so che potrei morirne. So che preferisco l'onestà di chi mi dice "no guarda, non mi va, non mi sento legato" e sulla scorta di questo ha tutto il diritto di guardarsi il telefono quanto gli pare. Ci rimango tanto male lo stesso, ma almeno sono consapevole che, ad oggi, la mia felicità non è ancora una cosa seria e neppure assoluta. E in fondo non mi pare trascurabile il progetto fantastico di poterci ancora lavorare seriamente e assolutamente. E col telefono rigorosamente spento.


1 commento:

  1. ma cos'è sta novità? Chi è che guarda il cell mentre è con te ? Raccontaci !!!! :)

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