Sola andata

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venerdì 12 febbraio 2016

Sogni stranieri, estranei o straniti?

Pensiamo sempre all'America. Tutti. Pure quando rinneghiamo anche il più piccolo riferimento ideologico, culturale, etico, economico, musicale, intellettuale....in realtà la vera questione è quanto decidiamo di prenderci in giro dicendo che non ci avranno mai come vogliono loro. Perché tanto non è vero, pure perché in fondo ci fa piacere.

Io, che non sono geneticamente predisposta alla competizione o al primeggiare passando sul cadavere di chiunque, quando vedo film che raccontano di squali della finanza voraci ed eticamente spregevoli, penso sempre che se fosse vero che l'America per diventare la maggiore potenza mondiale si sia basata solo su questo tipo di approccio alla competizione, dove conta solo il migliore e a tutti gli altri va zero,  probabilmente a quest'ora saremmo tutti morti meno lo squalo più grosso. 
In realtà dietro il vero sogno americano ci sta un'idea tenace, una forza di volontà priva di cedimenti, la ferma intenzione di non mollare mai. Ed è questo tipo di individualismo che io trovo invidiabile, perché non ammette espedienti, rafforza il senso di responsabilità e costringe alla risoluzione creativa dei problemi.
Fatto questo, vai nel mondo e vota comunista :)

No...è che sono fresca di questo bel film sulla New York durante il suo periodo più violento, dove il capitalismo senza regole aveva forgiato criminali di ogni ordine e grado in tutti i punti possibili della filiera produttiva. Pensare di rimanere a galla facendo onestamente il proprio lavoro poteva essere rischiosissimo o nella migliore delle ipotesi fallimentare (il film che ne parla è 1981:indagine a New York. Bello ma non da subitissimo. Bisogna avere pazienza perché poi restituisce una magnifica storia).

Qualche anno fa frequentavo una persona, molto più grande di me, che era dirigente in una consociata della Microsoft. Lavorava tantissimo ed era psicologicamente molto provato. Una volta gli dissi: scusa...ma chi te lo fa fare? Molla. E lui mi rispose: "non sempre scegliamo di essere quello che siamo. Succede che entri in un meccanismo e non sei più in grado di tirartene fuori. Sei costretto ad andare sempre avanti. Altrimenti hai perso". In quel momento trovai abbastanza sensata la sua risposta e mi spaventai un poco che potesse accadere anche questo, cioè realizzare un sogno che ti fa stare peggio di prima che cominciassi a sognare.

E così ho pensato che forse il vero problema non sono i sogni piu o meno grandi che uno fa, ma il modo in cui te li fanno realizzare quelli più svegli di te che giocano a rimpiattino con le tue aspirazioni e cioè, in concreto, un sistema regolamentato che dovrebbe costruire una società in cui tutti rappresentino il meglio di quello che sono.
 
Io forse non ho una vera idea di quale sia il vero sogno americano. A me piaceva "Friends": sei ragazzi simpaticissimi che vivevano tutti assieme e a cui succedevano le cose più divertenti del mondo restandosene quasi sempre tra un appartamento e una caffetteria. Io volevo bene ai Simpson's. Per me l'America, quella intelligente, sensata e ironica sta in quelle sbracatezze là, che la salvano da tutte le nevrosi individualiste e le ricordano che le ragioni della sua grandezza sono in tutt'altre forme di eccellenza.

Io i miei sogni non me li ricordo mai. Mi sveglio e non ho mai il mio sogno americano in tasca. Vuoi vedere che forse parla un'altra lingua che non so tradurre? Oh...no...mi bastava già la realtà come cosa incomprensibile.....






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