Sola andata

Sola andata

venerdì 22 luglio 2016

Destin(o)azione?

"Ciò che è destinato a te troverà il modo di raggiungerti". Se volessi davvero credere a tutte le citazioni nate per accarezzare la disperazione di chi aspetta da troppo tempo senza alcuna soddisfazione, forse me ne starei ferma e immobile in un angolo ad aspettare tutto quello che il destino mi riserva senza porsi il problema di chiedermi mai un parere. Di solito il mio atteggiamento verso frasi del genere attraversa due fasi.
La prima di consolazione e fiducia, come a dire "non accanirti, non affannarti. Tutto seguirà un gioco di incastri che tu non puoi controllare e che ti porteranno esattamente dove dovrai trovarti per chiudere il tuo cerchio". Durante questa prima fase faccio una specie di punto della situazione in cui tento di stabilire la distanza tra ciò che ritengo mi sia destinato e me - che non trovo, per l'appunto - la destinazione per raggiungere il mio scopo. E' una fase che mi mette molto a disagio perché la mia componente fatalista di solito è molto più debole di quella volitiva che mi vorrebbe protagonista e principale artefice del mio destino. Forse queste mie due parti dovrebbero far pace e collaborare...ma di solito non si parlano, non capiscono niente l'una dell'altra e poi io, tutta intera, ci vado di mezzo...

La seconda fase è quella che mi porta a ragionare sulla pericolosità di certe frasi fatte, magari estrapolate da considerazioni articolate meglio e che intendono affermare tutt'altro. Provo ad immaginare ad una cosa, più spesso una persona, che voglio con tutto il cuore...e che pare non essere destinata a me, almeno non ieri, neppure oggi, neppure domani....toh intanto sono passati mesi e anni...Ecco, io gradirei saperlo quanto ogni mio singolo, tenace, imperterrito sforzo è stato e sarà del tutto inutile per il mio cerchio da chiudere. E poi, dopo che ho assodato che quello che desidero non sta su questa terra per me, che mi frega a quel punto sapere che le cose che non desidero e non inseguo sono destinate per necessità a me. Il destino che non si accompagna alla felicità e a uno stato di grazia mi è indifferente e inutile.

E così ho pensato che io non ho voglia di sapere cosa davvero sia destinato a me. Ho voglia di credere che pure quello che forse non lo sarebbe mai sta facendo la mia stessa lotta per arrivare da me pure se il disegno dispotico del destino aveva previsto tutt'altro.
Così mi piace. Così ha senso soffrire, aspettare, lottare. E crederci. Oppure mollare per sempre. "Destin'azione" Paradiso, please!


Nessun commento:

Posta un commento