Sola andata

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sabato 16 luglio 2016

Programmi (senza futuro) Rai. Televisione senza una visione

Ho fatto felicemente senza per oltre sei anni. Pensavo fosse impossibile per una che come me con la TV ha imparato a parlare e a sognare e alla quale è sempre stata infinitamente riconoscente. Mi ha fatto da baby sitter, mi ha insegnato i valori dello sport e pure un poco di spirito giapponese, grazie a tutti i cartoni visti fin da piccolissima e in sequenza mixata fino al liceo. Mi sono appassionata alle sit - com americane di ogni specie e qualità e credo di essere stata la più giovane appassionata di Jerry lewis negli anni ottanta, quando per un periodo diedero tutti quanti i suoi film. Ad un certo punto sono stata davvero fortunata perché mi ritrovai nell'età giusta per capire e apprezzare quella stagione irripetibile della Rai tre di Guglielmi. Credo che quel genere di televisione abbia dato un'impronta determinante alla mia formazione e al mio modo di affacciarmi all'età adulta. E sono certa che proprio sulla scorta di quella impostazione "geniale" nell'utilizzo del mezzo televisivo mi sia dotata degli strumenti necessari per comprendere la pericolosità e i rischi di quell'altra maniera di concepire la televisione che animava la fininvest di Berlusconi. Non mi azzardo certo ora e qui a dire cosa abbia rappresentato e come mi abbia condizionato quel genere nuovo e volutamente degenerato di "filosofia" della comunicazione. In questi giorni mi attengo all'eloquenza del non detto come forma di  più opportuna di espressione di certe opinioni.

Io sono una figlia naturale della televisione. Non mi sono mai posta il problema di quanto sia stato un male per la costruzione dei miei schemi mentali. Per fortuna c'è stato anche molto altro nella mia vita, ma riconosco di aver sempre trovato la TV un mezzo estremamente affascinante proprio in quanto contenitore indifferenziato di cose sublimi e pattume infestante che convivevamno piuttosto pacificamente spalmandosi nei diversi palinsesti di canali via via sempre più simili tra loro.

Poi un giorno decisi che volevo innamorarmi della radio, che avevo voglia di educarmi all'ascolto e

alla fantasia delle immagini evocate da parole dette bene. Oggi la radio è la sola cosa che ritenga davvero indispensabile in casa mia. La TV è rientrata da meno di un anno ma rimane quasi sempre spenta. Non ci sono più i miei cartoni, non ci sono più le serie americane  con cui sono cresciuta. L'avevo spenta sette anni fa quando cominciavano a dominare reality e programmi di cucina, e mi ero stancata di vedere ancora Pippo Baudo in prima serata.

Poi l'altro giorno vengo a sapere dei prossimi palinsesti invernali della Rai. I protagonisti indiscussi saranno ancora Pippo Baudo e la Clerici. E poi ci saranno delle grandi novità come il ritorno della Cuccarini e di Ether Parisi...
Ecco come la futura televisione si appresta a raccontare la contemporaneità e la sua complessità. Ecco come il principale strumento culturale di massa di questo paese mi estorce denaro dalla bolletta.
 Lo fa dicendomi le stesse cose che mi diceva quando avevo quattro anni.


...ma davvero pensa che io ci ricaschi di nuovo!?!? Persino Mediaset ha gettato la spugna. A chi mai potrà ancora interessare una Rai così tanto già vista? Fa così paura rischiare di dare strumenti nuovi di lettura del mondo. Qual è la platea a cui si pensa quando viene impostata una programmazione? Perché dovrebbe interessare ai giovani? Perché dovrebbe ancora piacere agli anzian? Come potrebbe ancora piacere a quelli come me? A chi giova davvero una televisione così? Se non ad un sistema che ci vuole pigri e indolenti, arroccati e assuefatti ad un mondo altro che non esiste più e che ci impedisce di vedere meglio e codificare quello attuale?
Chi lo sa. Tanto io la TV la tengo sempre spenta ormai...

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