Sola andata

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mercoledì 30 marzo 2016

"Lucia di notte"...(Gianmaria Testa e poco altro)

Mi avevano detto che non dovevo aspettarmi una risposta. Il direttore legge tutte le mail che gli arrivano ma non risponde mai. Va bene, intanto gli scrivo tutto, gli dico come può pesare un rifiuto motivato male, gli racconto che il senso del dovere procede di pari passo con l'entusiasmo e la motivazione, che il lavoro sarà pure vero che non è strettamente necessario che piaccia se poi ti pagano per farlo, ma forse i soldi sono meglio guadagnati se in quello sforzo ci metti pure un poco del meglio di te stesso. No, non gli ho scritto queste cose, gliene ho dette delle altre, armandomi di tutta la diplomazia possibile, senza nessuna retorica né perdita della dignità.  Se non mi vuole rispondere, che almeno sappia.

E lui invece mi ha risposto. Mi ha scritto una mail molto lunga, bella e bene argomentata. Mi è sembrato un bel gesto da parte di un'autorità che non aveva il potere di decidere della mia ammissione all'estero, ma abbastanza per decidere che le mie istanze fossero anche per nulla meritevoli della sua attenzione. Sono stata contenta e ho pensato che da domani andrò al lavoro con uno spirito diverso e proverò a mettere in pratica i suoi consigli di buon senso. In fondo questo chiede una persona che non ha nel lavoro la sua vocazione più naturale, ma che di questo ha scelto di vivere per godere in pieno Soprattutto del proprio tempo non lavorativo. Questione risolta...così così...ma ok.

Mi è successo soltanto una volta in vita mia di piangere per la morte di un cantante. Ci stavano i funerali di De Andre' in TV e io stavo davanti al camino. Ad un certo punto ho cominciato a piangere come una disperata. Non la smettevo più e mia madre mi disse che ero davvero stupida...quella frase non l'ho dimenticata mai più e io invece avrei voluto con tutte le mie forze...
Invece non ho pianto quando è morto Pino Daniele, perché fu un tale shock che mi ricordo che spensi l'asciugacapelli e corsi a sedermi per non svenire. Era l'alba, era buio, non piangevo. Mi sentivo soltanto terribilmente sola.

Ma di Gianmaria Testa proprio non pensavo. Così tanto educato e misurato da affascinarmi per quella timidezza pacioccona. Troppo giovane, non sapevo che fosse ammalato, mi legano alle sue canzoni ricordi troppo netti e teneri che, pure se non era un mio ascolto propriamente abituale, è come se un cancellino avesse cominciato a ripulire tutto quello che sta su una lavagna gigantesca, piena di disegni e frasi e caricature fatte coi gessetti colorati, con i tratti che si sono sovrapposti negli anni, quasi a creare tratti nuovi a testimonianza di ricordi ancora più variopinti. Tengo tutte le sue canzoni nel mio famigerato i pod, quello con le canzoni che non cambio dal 2009, quello che ascolto solo quando viaggio o le volte che vado a correre sul lungomare di Senigallia quando fanno il Caterraduno. Tengo nel cuore una canzone che porta il mio nome e che mi fu dedicata un sacco di tempo fa.

Quando l'ho saputo mi sono sentita come quella volta che uscii dalla palestra e trovai il catenaccio della mia bici per terra, ma la mia bici non ci stava più. E non lo so come mi sento. È solo che "non mi faccio capace", come direbbero a Napoli.

Ma io non mi faccio mai capace di niente, né delle mie inutili faccende quotidiane che si consumano nella comprensibile indifferenza di un tempo speso senza poesia, né della scomparsa ingiusta delle parole da cui ogni tanto decido di lasciarmi salvare perché chi le ha messe assieme e cantate sapeva come riuscirci.
Ecco, oggi ho pensato che quando muore un cantautore che mi ha aiutato a sua insaputa, poi dovrebbe avere il garbo di non lasciarmi senza difesa quando  decide che non può più fare molto per quelli come me...quelli che si sentono dire che sono stupidi se piangono quando uno di loro muore e che per andare avanti arrivano financo a pensare che hanno bisogno dei consigli di un direttore per trovare la forza...








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