Sola andata

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lunedì 9 gennaio 2017

Ipotesi di felicità? Ma certo, appena smetto di essere serena

Quanto mi piace ricordare che la parmigiana di mia madre raggiunge le vette del sublime quando la mangio a temperatura ambiente. E poi questo fatto di avere una piccola palestra completa di tutto e che esorcizza la necessità di uscire e attivarsi a queste temperature polari. Quanto mi piace leggere un libro bellissimo nella stessa stanza dove pativo le pene dell'inferno per superare esami e concorsi che raramente sentivo che mi riguardassero.

Non ho molti ricordi felici in questa casa. Purtroppo c'ho passato degli anni così problematici che non mi è mai riuscito davvero di costruire e conservarne una memoria pacificata. Partire è sempre stato un mio sogno, in fondo realizzato piuttosto presto. Poi però anche per me si realizza quel meccanismo secondo cui con gli anni le cose si trasformano, i ricordi si mescolano a riflessioni più pacate, le esperienze nuove si innestano in ciò che ormai è stato e così si ricalibrano tutte le certezze.
E poi tutto cambia. Cosa è cambiato? Sono tre giorni che sono qui e ancora non mi è riuscito di capirlo. Non capisco perché sto così bene e perché mi diverte così tanto la strana routine familiare fatta di vagonate di verdure bollite che mia madre prepara tutti i santi giorni, come se stessimo seguendo un programma sperimentale segreto per cavie della NASA, oppure quell'ossessione che ancora conserva per tutti questi ninnoli di dubbio gusto che sistema e risistema in ogni stanza, e i pomeriggi a vedere la Balivo che dispensa perle di una saggezza di cui non colgo la profondità. E poi gli amici di sempre di mio padre, che si raccontano sempre le stesse cose ogni santa domenica già da prima che io nascessi. Tutto così. Da sempre. E io non mi capacito perché fossi così ostile a questa strana serenità sempre uguale a se stessa ma in fondo così buffa e sufficiente a se stessa.

In realtà credo che se non sapessi di restare qui per poco tempo probabilmente sentirei di impazzire. Credo che la serenità non sia una mia cifra. Non ho mai trovato che fosse una condizione sufficiente. Continuo ad ostinarmi a credere in un'ipotesi di felicità possibile che passa quasi sempre per il disagio, la delusione e gli sforzi non ripagati. E niente, io tengo ancora queste convinzioni qua...

Ho lasciato una Milano ancora semidesertica per le festività, dopo un periodo di relativa tranquillità e solitudine durante il quale mi sono cullata nelle buffe faccende personali, per ritrovare cugine adorate, la nonna ancora in piena forma, il cugino della monte Paschi che mi ha spiegato piuttosto chiaramente come stanno messi. E la parmigiana a temperatura ambiente. La vera chiosa di tutto.
Meno male che ho avuto voglia di "accontentarmi" di un po' di serenità. Che tanto all'ipotesi di felicità posso ripensare quando ritorno a Milano, quando il tempo, le circostanze, una persona finalmente perbene di cui innamorarmi, daranno ad entrambe la vera cittadinanza. Io ho parlato di ipotesi di felicità...mica di certezza. Le ipotesi sono belle perché possibili e verosimili. E in fondo già per questo bastano per farmi felice.




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