Sola andata

Sola andata

mercoledì 11 gennaio 2017

Tra la smania di cambiamento e la severità della disciplina mi tengo la simpatia della flessibilità

Tutto secondo orari che decido io, che poi sono gli stessi di quando non ho possibilità di scelta. Pare che sia un automatismo che si consolida quando crei "memoria" nel tuo corpo. Me lo hanno insegnato i miei istruttori di running: quando ripeti una sessione di allenamento con una continuità che si è visto essere di circa 66 volte senza mai saltare un giorno, il corpo trova normale, anzi, necessario allenarsi per sempre. A pensarci è una cosa di enorme conforto l'idea di non fare più fatica ad essere disciplinato, ma poi è pure una specie di forma subdola di schiavitù, perché senti di non poter più fare a meno di un meccanismo consolidato che non stai più scegliendo davvero ma solo assecondando.

Io sono contenta di trovare normale e necessario essere costante in quelle che mi sono persuasa essere delle buone pratiche quotidiane, perché mi ha sempre convinto quella storia che solo la disciplina ci renda migliori o migliorabili...se indovini la disciplina. Altrimenti è soltanto una tortura priva di risultati. Come quando fai un lavoro che non ti piace, ma hai un venerabile contratto indeterminato e col cavolo che non te lo tieni stretto, pure se non ti fa fare un passo; come quando vuoi bene a qualcuno e sei talmente sicuro che il destino vi vuole assieme mentre lui pensa ad altro e ad altri e tu sei lì che pensi che il tempo ti darà ragione; come quando corri tutti i giorni ma hai una tale carenza di ferro che al quinto chilometro ti viene da vomitare e tu devi farne dieci e non ti fermi neppure se davanti a te vedi la madonna. Ci sono forme di ostinazione da cui esci soltanto se perdi quella "memoria", resetti tutto e provi ad essere ricettivo a nuovi tipi di suggerimenti, nuove attività e soluzioni.

Ci sono smanie di cambiamento che fanno a pugni con visioni consolidate durissime a morire e alle quali bisognerebbe prestare ascolto senza troppi timori e sulle quali costruire una nuova continuità. Col cavolo che lascierei volontariamente il mio lavoro, però ho chiesto di andare altrove, eppure solo fino ad un paio di mesi fa non mi sarei sognata neppure lontanamente di farlo. Ho smesso di trovare normale l'attesa, pure lunghissima se fosse stato necessario e giusto, di un amore mai esistito ma perfettamente immaginato. Però a smettere di correre non ci penso neanche, forse perché il malessere che mi procura è ancora sufficientemente compensato dai benefici da fine allenamento e la "memoria" del mio corpo  restituisce ancora ricordi da rivivere per andare avanti con la tempra necessaria.

Il tempo che passa ha queste strane insidie: sedimentare abitudini, storie, convinzioni che si consolidano e cristallizzano fino a diventare il nostro stile, la cifra individuale che connota la nostra condotta. Ma poi, ad un certo punto, proprio quando pensi che tanto ormai sei fatto così, che il tuo percorso è segnato e da certi inciampi e fallimenti non puoi avere scampo perché il tuo "schema del dolore" è questo qua e amen...
E invece non ti rassegni, provi a studiarti un po' la questione, ad imparare un paio di tecniche fondamentali, a prenderla con filosofia, a circondarti di persone ganze e capisci che è divertentissimo stare in certi schemi e uscire da altri, che è stupenda la memoria tanto quanto l'oblio, se di entrambi hai controllo e scelta.
E così  una bella mattina cerchi di trovare una qualunque scusa per non metterti subito a correre perché ancora non ne hai voglia, ti inventi un post da scrivere immediatamente sul blog, perdi il tempo che hai voglia di perdere, pensi che la flessibilità sia la sorella simpatica della disciplina. E con calma ti infili le scarpette e la tuta

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