Sola andata

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venerdì 1 gennaio 2016

Recensione Irrational per "Irrational man"

Quando si tratta di lui non ne tengo conto mai. Non è preclusione aprioristica, anzi, in linea di massima sono piuttosto permeabile al parere di esperti di cui ho stima, ma per lui no. Io di Woody Allen penso bene a prescindere.
Ho voluto cominciare così il mio primo d'anno, proprio per essere sicura che fosse un buon inizio. Oggi il mio amico Nicola ed io ci siamo visti "Irrational man". E ci è piaciuto un sacco. A dispetto della critica troppo severa con l'ultimo Allen (che è l'ultimo Allen da più di vent'anni ormai)e a dispetto pure di una certa ripetitività ossessiva dei temi che gli sono da sempre così tanto cari - il caso, la necessità del male, la meschinità dell'uomo, i paradossi etici.

In questo "Irrational man" ci sta un prof. di filosofia, carismatico e affascinate ma cronicamente depresso. Non riesce a trovare stimoli e senso alla sua esistenza, è profondamente convinto del perenne prevalere del male sul bene, dell'impossibilità per l'uomo di rispondere con coerenza agli imperativi morali quando questi ostacolano il benessere individuale.
Ad un certo punto il tormentato prof. trova il senso del suo stare al mondo decidendo di compiere un'omicidio "eticamente accettabile", perché l'uomo che ha appena ucciso era malvagio e rendeva il mondo peggiore. La sua soppressione sarebbe stato un contributo al bene e alla Eliminazione di ingiustizie inaccettabili. Ma si sa, se ci mette lo zampino il Caso, oltre alla dialettica razionale, di solito è lui a vincere...e non è detto che vada sempre come al protagonista di un altro film di questo genere che era match point.
 Non dico altro, perché è un bel film, che vivamente consiglio (a dispetto di critici annoiati e noiosi) e quindi se vi capita vedetevelo.

Potrei non fare testo nelle mie lodi sperticate per Allen, perché quando si ama non si è né lucidi né obiettivi. Amo da sempre (qualunque sia la fase creativa di cui si parli) il suo punto di vista, l'ossessione con cui declina continuamente i temi di sempre ma tutte le volte con uno sguardo nuovo e/o allargato e approfondito, mi piace perfino la sua implacabile perfidia nel delineare le meschinità, i fallimenti dei suoi personaggi più intellettualmente raffinati, ma troppo deboli per tradurre il loro pensiero in condotta coerente.
Non ho mai pensato che il primo Allen fosse migliore dell'ultimo o di quello di mezzo. Penso che quando uno sia un genio, quando lascia che il suo linguaggio e registro narrativo si evolvano, quando ha qualcosa da raccontare...non proceda per fasi crescenti o calanti. La creatività ha un andamento imprevedibile, non è una curva di prodotto e non è misurabile con criteri né quantitativi e in parte neppure qualitativi, perché in fondo sulle emozioni ci sta poco da discutere. Non mi sento di avere perplessità neppure su un piano strettamente registico. È ben girato, ma credo che su questo pure gli esperti avranno ben poco da ridire. Allen ha ottant'anni e dai suoi film non potrei mai affermarlo.

Ecco, avevo promesso che ne avrei parlato...vedete voi quanto prendere per buono quello che ho appena detto.







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