Sola andata

Sola andata

lunedì 20 luglio 2015

Ogni tanto mi fermo a viaggiare

Il mio papà ha lavorato nelle ferrovie dello stato fino ai cinquant'anni e dopo ha continuato in società private, ma comunque sempre impegnate nei trasposti. Per anni ha lavorato per Air One e anche per un interporto. Il viaggiare per me è sempre stato un concetto familiare, naturale e poi addirittura necessario.
Ho cominciato a viaggiare molto presto. Prima con i miei, poi sempre e rigorosamente da sola.

La tappa prediletta delle mie prime avventure in solitaria era l'Inghilterra, terra per cui ho tuttora una fascinazione quasi mistica. Se dovessi davvero raccontare le cose che mi sono capitate durante quei miei soggiorni e la maniera in cui ho risolto certe situazioni in cui sono incappata, faccio fatica a pensare a come sia riuscita a cavarmela. Dico solo che una delle volte in cui sono rimasta a Londra per più di un mese, ho trovato un piccolo lavoro come receptionist in un take away gestito da afgani nel quartiere più malfamato e violento e vivevo in un ostello condividendo la camera con altre sette persone. Ma ancora oggi ho il coraggio di dire che fu tutto fantastico....
Poi ho deciso che non per la sola Europa si deve girovagare.
 E allora me ne vado in  India, forse con la sola intenzione di smontare quella stucchevole retorica che quando ci vai torni cambiato. Non è vero, o perlomeno non più vero che per altri luoghi. Ci vai perché in nessun altro posto più  di quello riesci ad avere la percezione del contrasto, della coesistenza degli opposti, dell'infinitamente magnifico, scintillante e mistico con l'orrore massimo della miseria e della disperazione.
E poi l'Africa dove pare che il tempo tenda a dilatarsi all'infinito per quanto tutto pare  scandito da una specie di battito di natura che domina e annulla il tempo individuale.
E poi le Maldive che nulla vogliono dirti se non che per essere felice hai bisogno solo di un costume,
Di quel sole, di quel mare e di quella sabbia. E nulla di nulla più.
Poi è arrivata l'America.  Metti piede li e dopo cinque minuti hai già fatto la tua prima lezione di imperialismo. Poi però se dimentichi l'umiliazione dei controlli all'ingresso, gli obesi, i Victoria Secrets...scopri un posto magnifico dove addirittura potresti desiderare di vivere per tanto tempo.

Se quest'anno fossi stata un po' meglio avrei programmato un viaggio a Tokyo. Mi sono innamorata di Ozu e adesso ho in mente solo il Giappone. E non vale giocare di immaginazione. Non sono Salgari e se in certi posti non ci vado di persona non posso avere delle suggestioni verosimili. C'è una globalizzazione che non si realizza con la semplice esportazione. Certe emozioni si producono solo in loco. Il viaggio è un prodotto insostituibile.

Io ci metto pure Milano tra le mete del mio vagabondare. Milano è la città delle mie tappe fondamentali, del mio percorso interiore reso possibile grazie agli spunti che solo qui ho raccolto.
Conosco Milano molto meglio di Napoli ormai.

E così, pure se  il Cristo Velato rimane ancora oggi la cosa di gran lunga più bella che abbia mai visto in tutta la mia vita, quando torno giù al sud la prima cosa di cui avverto la mancanza è la linea gialla che mi porta al Duomo

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